Nel nostro territorio ricco di rocce calcaree sono presenti numerosi ruderi di fornaci. Si tratta di costruzioni semplici e primitive, costituite da un cilindro in muratura a secco completamente interrato, con alla base un cunicolo necessario per alimentare la fiamma. Con le pietre, scelte con cura, si costruiva all’interno della fornace una cupola sufficientemente ampia per permettere al fuoco di ardere liberamente, il resto del pietrame veniva sistemato sulla parte superiore. La cottura durava ininterrottamente per diversi giorni ed era necessario disporre di una notevole quantità di combustibile, solitamente fascine e ramaglie, la parte meno pregiata di quanto restava dal taglio del bosco. La calce (calce viva) veniva poi venduta e trasportata a zolle. Per utilizzarla la si doveva spegnere mischiandola con acqua. Con lo spegnimento la calce si riscalda e può raggiungere la temperatura di 300 gradi. La calce spenta poteva essere conservata per decenni in buche. Veniva utilizzata per lavori edili, mischiata con sabbia come legante tra le pietre, per realizzare pavimenti e pareti divisorie, per imbiancare e intonacare, per disinfettare orti, pollai, stalle e combattere insetti dannosi sulle piante.
Nell’Ottocento il Patriziato metteva all’incanto questa produzione. Resti di altre fornaci sono visibili anche a Curölgia lungo i sentieri che da Murio portano a Cioásc e ai Denti della Vecchia (Sass Gránde). Quelle meglio conservate si trovano sui monti di Cóla in territorio di Villa Luganese.
Sentiero storico naturalistico di Sonvico
Tappa 1: Pozzo e Riarón
Tappa 2: Casa della Ragione
Tappa 3: Grad
Tappa 4: Cassinél
Tappa 5: Il bosco misto di latifoglie
Tappa 6: Curiosità geologiche
Tappa 7: Mulino e ponte
Tappa 8: La radura nel bosco
Tappa 9: Il torrente Franscinone
Tappa 10: Lavatoio
Tappa 11: Gli uccelli del bosco
Tappa 12: La valle di erosione del Franscinone
Tappa 12: Acqua ed energia
Tappa 13: Il margine del bosco di golena
Tappa 14: Cascina per la lavorazione del latte
Tappa 16: La zona rurale
Tappa 17: La zona umida di Canéed
Tappa 18: Piazza carbonaia
Tappa 19: Terrazzamenti
Tappa 20: Madonna d'Arla
Tappa 21: La selva castanile di Pian Piret
Tappa 22: Faggeta
Tappa 23: Masso coppellare
Tappa 23a: I Denti della Vecchia
Tappa 24: R’Alborón
Tappa 25: Oratorio di San Martino
Tappa 26: Nucleo di Sonvico
Tappa 27: Torchio delle noci
Tappa 28: Chiesa di San Giovanni Battista
Le Autolinee Regionali Luganesi coprono la tratta Lugano – Sonvico; dalla Val Colla si può accedere a Sonvico, usufruendo dell’autopostale, percorrendo il tragitto Tesserete – Sonvico.
Il confronto fra passato e presente, ad ogni passo del percorso, faciliterà la presa di coscienza del delicato e complesso legame fra gli esseri viventi e la natura circostante.
Nessuna comunità riesce a sopravvivere senza acqua. Non sorprende che il paese di Sonvico si sia sviluppato attorno ad un pozzo e ad un riale.
Situata nella piazza principale, era luogo di gestione giudiziaria e amministrativa della Castellanza di Sonvico, una comunità di diversi centri abitati che comprendeva Sonvico, Dino, Villa e le frazioni di Cimadera, Traciò e Stampa.
Le castagne garantivano alla popolazione la sussistenza alimentare anche nel periodo invernale. Tra i numerosi metodi per conservare a lungo questo prezioso frutto vi è quello realizzato con il loro essicamento tramite la grad (metato).
Il latte è stato un altro dei prodotti essenziali dei nostri paesi. Per sfruttarne tutte le potenzialità era necessario poterlo conservare e sottoporlo a trasformazioni, così da ricavare quanto necessario : panna, burro, ricotta e altri formaggi.
Lasciata la zona caratterizzata da superfici a coltivazione estensiva a sud del nucleo, ci inoltriamo nel bosco misto di latifoglie.
Questo bosco naturale è composto di quattro strati di vegetazione, che ne determinano la struttura.
In questa stazione possiamo osservare un contatto tra due tipi diversi di rocce metamorfiche, cioè che hanno subito, durante la loro formazione, forti modificazioni dovute a enormi variazioni di pressione e al calore intenso a cui sono state sottoposte.
Questa zona, denominata Murín era caratterizzata dalla presenza di tre mulini, uno dei quali funzionante con ruota idraulica a turbina.
Ci troviamo ora in un ambiente molto diverso da quelli visitati finora all’interno del bosco: la radura.
Il movimento e la massa d’acqua di un torrente sono variabili e influenzano notevolmente la stabilità di questi biotopi, modificandone continuamente l’aspetto e l’ecologia.
Questa costruzione, più di ogni altra, ci stimola a riflettere sui veloci cambiamenti dei modi di vivere in questi ultimi decenni. Il passaggio dal lavatoio alla lavatrice ha costituito per la donna un miglioramento della qualità della vita di eccezionale importanza.
Abbandonando il sentiero che costeggia il Franscinone e raggiungendo quello superiore possiamo notare un cambiamento nella vegetazione: la comparsa del Faggio, che non sopporta una forte umidità del terreno come quella presente sul fondovalle.
Quella del Franscinone rappresenta un ottimo esempio di «valle di erosione» e questo punto di osservazione ci offre una panoramica privilegiata sulla gola scavata dal torrente.
Questa parte del sentiero si sviluppa lungo la vecchia condotta dell’Azienda Elettrica Comunale di Massagno che nel 1925 iniziò a produrre autonomamente l’energia di cui aveva bisogno.
Il bosco umido di golena è tipico delle zone periodicamente inondate lungo i corsi d’acqua o delle aree umide più o meno paludose, che conferiscono a questo biotopo un alto grado di instabilità, sottoponendolo a continue modifiche.
Il piccolo edificio che si trova lungo il sentiero è una tipica costruzione destinata alla lavorazione del latte. Si tratta di un cassinél edificato su una sorgente con il piano superiore provvisto di camino.
Alcuni degli arbusti che solitamente ritroviamo nei boschi di latifoglie, caratterizzano anche i cespuglieti e le siepi dei paesaggi rurali, dove il bosco si alterna ai prati o ai campi.
Dirigendoci verso la zona umida possiamo osservare una piantagione di faggio rosso gestita a fustaia.
Percorrendo i nostri boschi incontriamo numerosi spiazzi di forma ovale. Sono spazi creati dell’uomo per produrre carbone di legna. Un’attività praticata ancora fino alla seconda guerra mondiale, poi repentinamente abbandonata.
Tutto il territorio è segnato dall’impronta lasciata dall’uomo. I dissodamenti per ricavare pascoli, prati e i terrazzamenti, sono lavori che per secoli hanno occupato intere generazioni, richiedendo fatiche oggi difficilmente immaginabili.
Importante luogo di passaggio per raggiungere la Val Colla e Cimadera (fino al 1878 frazione di Sonvico) e proseguire verso la Val Cavargna. Il collegamento stradale risale ai primi decenni del Novecento.
In questa stazione possiamo osservare una piantagione di Castagno da frutto così come era gestita un tempo: la selva castanile.
Abbandonato la selva castanile, frutto di interventi umani sulla vegetazione, ci addentriamo in un bosco più naturale e molto affascinante per la sua bellezza: la faggeta.
Anche tra i più anziani del paese non esiste memoria legata alle incisioni rupestri presenti nel nostro Comune.
Questo punto privilegiato, dal quale si può spaziare sulle colline, le alture e le montagne dell’intero Luganese, ci offre una finestra di particolare bellezza sui Denti della Vecchia.
Un monumento naturale. Questo castagno è probabilmente il più vecchio vegetale vivente sul nostro territorio.
Tra le chiese romaniche della nostra regione, l’oratorio di San Martino è sempre stato considerato fra i più antichi.
Il nucleo di Sonvico è la più significativa testimonianza della millenaria presenza umana sul nostro territorio.
E’ uno dei più grandi e antichi torchi piemontesi a leva rimasti nel Cantone.
La chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista, attestata dal 1375, è un monumento di valore, frutto di una lenta e lunga evoluzione.